Una poesia che non solo celebra l’analogia tra il fiore di ciliegio (sakura) e il bushi, quanto l'esaltazione del guerriero come figura che primeggia fra gli uomini.
Proprio come il ciliegio primeggia fra i fiori.
Ma perché si arriva a paragonare il guerriero a un fiore?
I Giapponesi, hanno da sempre, un rapporto privilegiato con
la Natura 自然 (ShiZen), originato dall'idea che, nella cosmologia giapponese, l’uomo e la natura si trovano in una situazione di comunione inseparabile.
Questo rapporto si fonda su un concetto ben diverso da quello prometeico occidentale di sottomissione delle forze naturali al dominio dell’uomo.
natura
Piuttosto si basa su una relazione simbiotica e armonica: l’uomo non è che un elemento dell’ordine delle cose.
Tale legame nasce dall'esperienza esistenziale.
La vita su un territorio difficile, minacciato da terremoti, eruzioni vulcaniche, tifoni.
Per non parlare delle insidie storiche.
Il Giappone è sempre stato un paese diviso dalle guerre.
Gli imperatori non erano in grado di sedare gli scontri per il potere fra i Daimyō e gli Shogun di turno, e spesso era il popolo a farne le spese. E' in questo contesto che nasce il Samurai.
Alcuni divennero leggenda, come i 47 rōnin, altri sono stati dimenticati, oppure sono sopravvissuti fino ai giorni nostri grazie al cinema e al grande Akira Kurosawa.
Inoltre il paese è stato segnato da credenze religiose popolari, prodotte nel seno di una società di agricoltori e pescatori, successivamente organizzate nello Shintō, la via degli dei. Ancora, questo rapporto del tutto particolare con il mondo naturale nasce dalla convinzione che non esiste una reale contrapposizione fra uomo e natura, così come non esiste una distinzione marcata fra la natura e il divino.
L’esperienza e il pensiero religioso hanno originato, nel corso dei secoli, una sensibilità attenta alle variazioni della natura, al suo continuo rinnovamento, quindi anche al rapporto che la natura intrattiene con il tempo. Gli eventi naturali segnavano il corso dell’anno e la vita degli uomini con una catena di scadenze rituali che si ripeteva ogni anno e che, dalla società contadina passò alla società guerriera, con la creazione dei nenjūgyōji, gli “eventi annuali” che ancora oggi marcano il calendario giapponese: Shōgatsu (Capodanno), Obon, (la Festa del ritorno dei morti), e così via.
La particolare attenzione rivolta al susseguirsi delle stagioni risente, quindi, di numerosi fattori, tutti correlati fra loro:
un approccio particolare nei confronti della natura (l'uomo inscindibilmente legato alla natura) che si esplicita nel sistema di credenze poi confluito nello Shintō, la ciclicità e la ripetitività dei riti della vita contadina caratteristici del Giappone arcaico e, non ultimo, il senso buddhista dell’impermanenza della condizione umana, della transitorietà delle cose del mondo, della loro mutevolezza (mujō).
E, di conseguenza, l’idea di una bellezza concepita come indissolubilmente legata alla sua caducità: ed ecco che qui si affaccia il tema del fiore di ciliegio.
La consonanza uomo-natura diventa così consonanza con la stagione vissuta nella pienezza delle sue manifestazioni, siano esse atmosferiche o vegetali. A questa consonanza non sfugge la figura del guerriero, del bushi.
Sia a causa delle attività che lo impegnavano sul territorio, sia a causa di una adesione ideale al concetto di impermanenza mutuato dal Buddhismo Zen, la dottrina che più di ogni altra fornì ai samurai un percorso di liberazione dai legami del mondo utile per affrontare al meglio la morte in battaglia.
Il concetto di impermanenza nell'immaginario giapponese è sempre collegato al fiore di ciliegio, sfolgorante nella sua bellezza dal brevissimo respiro.
“Il fiore di ciliegio, re dei fiori in Giappone, è una stagione, la primavera, è il destino dei fiori dispersi dal vento, è la fragilità della vita.” Yoshitsune Senbonzakura
Il Giappone è un Paese che vanta un tradizione guerriera lunga ed interessante. Interprete di questa tradizione è la figura del cavaliere dell’antico Giappone: il samurai 侍.
Oltre alle arti marziali, direttamente connesse con la sua professione, praticava arti zen come Cha no yu 茶の湯 o Shodō, conosciuto in Occidente come la Cerimonia del tè.
L’élite guerriera, infatti, si sentì sempre attratta dallo Zen la cui rigorosa disciplina, le cui pratiche, le istanze di frugalità, semplicità e immediatezza ben si accordavano con il sentire dei guerrieri.
Il Samurai è intrepido, l’archetipo del guerriero individuale.
È un esteta, che apprezza la bellezza del fiore di ciliegio,
ravvisando nella sua breve durata la propria vita altrettanto breve. La bellezza effimera del sakura ricorda la caducità della vita.
Sakura no hana 桜の花 (Fiore di Ciliegio) è l’emblema radioso della primavera 春, il segno del ritorno della vita e della vittoria della dea solare.
Mostra uno spettacolo incantevole nel quale il samurai vedeva riflessa la grandiosità della propria figura avvolta nell'armatura è sufficiente un improvviso temporale perché tutti i fiori cadano a terra, proprio come il samurai può cadere per un colpo di spada infertogli dal nemico. Il fiore di ciliegio, delicato e fragile, ma allo stesso tempo tenace nella sua perfezione, rappresenta la bellezza e la caducità degli uomini al mondo.
Il guerriero, abituato a pensare alla morte in battaglia non come un fatto negativo ma come l'unica maniera onorevole di andarsene, rifletté nel fiore di ciliegio questa filosofia.
Il samurai deve avere tutte le caratteristiche del fiore di ciliegio: la semplicità, la purezza, la delicatezza, oltre la disposizione a cadere con naturalezza quando è il momento.
La delicatezza del fiore esprime il non attaccamento.
Dopo avere annunciato la primavera il fiore di ciliegio si lascia trasportare dal vento. Il distacco dall'albero, inteso come il distacco dalla materialità della vita, deve considerarsi come atto sacro di dedizione al principio che ha determinato i propri voti.
La forza della terra si rivela come purezza e fragranza nell'azzurro del cielo.
Così la potenza del guerriero non si rivela come peso brutale e travolgente, ma con la purezza ed il candore dei sentimenti del cuore.
Nel fiore di ciliegio la natura si rivela pura, come la lealtà di un samurai. La perfezione dei cinque petali del sakura deve essere vista dal samurai come un modello a cui tendere, un esempio a cui aspirare nei momenti difficili del suo cammino. La fragranza del sakura è simile al nome onorato di un samurai, che detesta la codardia e si sforza di lasciare dietro a sé un nome imperituro.
La vita del bushi è bella ed effimera come solo i fiori più belli sanno essere.
La morte è come il vento che distacca i fiori dai rami per cospargerne i prati, le acque, i torrenti.
Non vi è nulla di tremendo nel vento di primavera: viene dall'azzurro e luminoso mistero del cielo, annuncia la vita. Il bushi considerava la sua morte proprio come il vento di primavera: egli va da mistero a mistero, da Vita a Vita, ed è cosciente di questo andare nel suo breve passaggio primaverile sulla terra degli uomini.
Per i samurai, pronti a morire in battaglia, il fiore di ciliegio costituiva un simbolo assertivo della vita nel momento del loro estremo sacrificio.
Sebbene si possa pensare che i petali delicati fluttuanti nell’aria abbiano ben poca attinenza con le battaglie, per questi guerrieri tale simbolismo coglieva perfettamente lo spirito glorioso del loro ardimento. Un simbolismo, quello del fiore di ciliegio, che esprime un profondo rispetto per la vita, spesso troncata nel fiore degli anni. Il Sakura, giunto a completa fioritura, cade repentinamente, così l’ideale del samurai è morire combattendo, senza rimpianto, quando l’ora giusta è giunta.
Questa simbologia non è da considerarsi solo in relazione all'antica tradizione guerriera, ma ritroviamo il simbolo del fiore di ciliegio anche sulle bombe Ohka o fiore di ciliegio, alianti monoposto progettati per gli attacchi suicida, usati dai giapponesi nella Seconda Guerra Mondiale.
“Sono caduti come fiori di ciliegio”, si diceva in Giappone dei soldati che avevano sacrificato la loro vita in battaglia.
I piloti giapponesi dipingevano il simbolo del ciliegio sui fianchi dei loro alianti in partenza per le missioni suicide.
Yokosuka MXY7 - Ohka aliante monoposto con il Simbolo Sakura Kamikaze
Nel cielo di Okinawa, verso la fine del 1944, molti giovani piloti caddero come fiori di ciliegio.
Erano gli uomini che avevano risposto all'appello dell'ammiraglio Onishi, comandante delle forze aeree della marina imperiale che, in un disperato tentativo di salvare il Giappone dall'invasione americana, aveva disposto la
formazione immediata delle Forze speciali d’attacco Vento Divino (Kamikaze), per sferrare un’ultima offensiva contro le portaerei nemiche.
Kamikaze è composto dal kanji kami 神, divinità, un termine fondamentale nello shintoismo; e da 風 kaze che sta per vento: ka significa inspirare e ze è espirare.
I Kamikaze usavano il fiore di ciliegio come simbolo per rappresentare il proprio destino durante la battaglia.
La loro missione suicida era infatti consacrata dal sakura come gesto di grandezza morale e sacrificio estremo.
La morte in questo caso non rappresenta la fine della propria esistenza ma l'inizio della propria consacrazione spirituale verso un cammino di rinascita ed elevazione interiore, che è impossibile raggiungere conducendo la sola vita terrena. Ovviamente, il Sakura e la fioritura dei ciliegi è presente nella letteratura, nella musica, nella danza, nella pittura e nella religione.
Sakura e Torii (鳥居) tradizionale portale giapponese che porta al jinja o santuario giapponese shinto in Hirosaki
Numerosi templi giapponesi sono adornati con i sakura.
Molti fiori sono nei luoghi sacri dedicati a commemorare le vittime di guerre o i combattenti stessi di importanti battaglie nazionali. In questo caso il sakura è sia un omaggio nei confronti della loro lealtà e del loro coraggio che elemento di buon auspicio in vista della loro vita al di là della morte.
Il rispetto tipicamente giapponese per la bellezza fugace dell’esistenza e l’idea della vita breve e della morte eroica appaiono evidenti nelle decorazioni delle armature e delle armi arricchite da elementi estetici e simbolici. Forse, niente simboleggia maggiormente i Samurai della loro armatura, che non aveva solo una funzione di protezione, i dettagli ne rivelavano qualcosa di più profondo.
I Samurai personalizzavano i loro elmi con decorazioni e disegni con l’intento di intimidire i loro avversari, i colori forti ed intensi avevano lo scopo di ispirare azioni coraggiose in battaglia. L’armatura non aveva solamente lo scopo di proteggere la vita, era di per se stessa un invito alla morte. Infatti nessuna armatura avrebbe mai potuto difendere dal fendente di una katana. L’utilizzo della simbologia rientra in un discorso che mira a comunicare per allusioni, attraverso metafore appartenenti a un patrimonio culturale comune e condiviso.
Solo così è possibile cogliere il senso della presenza sui kabuto (elmi) o sulle varie parti che compongono i dōmaru (corazze) di leoni e peonie, simboli di regalità, di draghi, simboli di forza e valore, di libellule, simboli di uno spirito combattivo e indomito e quindi di coraggio, o di crisantemi e di zucche, simboli di longevità, di fiori di pruno, simboli di ardimento, di bambù, che rappresenta la costanza, la pazienza, la capacità di sopportare le difficoltà e di rimanere integro ed è l’immagine della forza flessibile, elegante, onesta e integra.
Un decorativismo, quindi, che predilige l’elemento naturale.
Le immagini della natura vengono prima idealizzate, quindi migliorate per creare combinazioni, equilibri di linee, di forme, di colori più interessanti, per poi essere ridotte, in parte o completamente, a motivi semi-astratti o stilizzati.
alcuni mon, con le rispettive casate
Si prendano ad esempio i mon, l'emblema o lo stemma, il simbolo della casata cui apparteneva il samurai.
Genealogia e ''yotsuwari bishi mon'' del clan Takeda
In particolare quello della famiglia Tokugawa, costituito da 3 foglie di malva - aoi - racchiuse in un cerchio o quello a 4 losanghe, detto yotsuwari bishi mon del clan Takeda 武田氏 che altro non è se non un' estrema stilizzazione di 4 foglie di castagna d’acqua.
Oppure, i fiori di ciliegio a 5 petali presenti sul dorso di molti guanti protettivi dei guerrieri. D'altronde, niente può sintetizzare la figura del samurai, quanto il Sakura, ecco perchè molti lo adottarono come emblema di appartenenza alla propria classe.
Takeda - a sinistra- al centro uno Yari samurai, con un messaggero
Per comprendere quanto fosse importante la metafora naturale per il bushi basta considerare il motto di Takeda Shingen 武田信玄(1521-1582), un grande guerriero la cui epopea è raccontata nel capolavoro di Akira Kurosawa, Kagemusha, l’ombra del guerriero film del 1980:
Una poesia che non solo celebra l’analogia tra il fiore di ciliegio (sakura) e il bushi, quanto l'esaltazione del guerriero come figura che primeggia fra gli uomini.
Proprio come il ciliegio primeggia fra i fiori.
Ma perché si arriva a paragonare il guerriero a un fiore?
I Giapponesi, hanno da sempre, un rapporto privilegiato con
la Natura 自然 (ShiZen), originato dall'idea che, nella cosmologia giapponese, l’uomo e la natura si trovano in una situazione di comunione inseparabile.
Questo rapporto si fonda su un concetto ben diverso da quello prometeico occidentale di sottomissione delle forze naturali al dominio dell’uomo.
natura
Piuttosto si basa su una relazione simbiotica e armonica: l’uomo non è che un elemento dell’ordine delle cose.
Tale legame nasce dall'esperienza esistenziale.
La vita su un territorio difficile, minacciato da terremoti, eruzioni vulcaniche, tifoni.
Per non parlare delle insidie storiche.
Il Giappone è sempre stato un paese diviso dalle guerre.
Gli imperatori non erano in grado di sedare gli scontri per il potere fra i Daimyō e gli Shogun di turno, e spesso era il popolo a farne le spese. E' in questo contesto che nasce il Samurai.
Alcuni divennero leggenda, come i 47 rōnin, altri sono stati dimenticati, oppure sono sopravvissuti fino ai giorni nostri grazie al cinema e al grande Akira Kurosawa.
Inoltre il paese è stato segnato da credenze religiose popolari, prodotte nel seno di una società di agricoltori e pescatori, successivamente organizzate nello Shintō, la via degli dei. Ancora, questo rapporto del tutto particolare con il mondo naturale nasce dalla convinzione che non esiste una reale contrapposizione fra uomo e natura, così come non esiste una distinzione marcata fra la natura e il divino.
L’esperienza e il pensiero religioso hanno originato, nel corso dei secoli, una sensibilità attenta alle variazioni della natura, al suo continuo rinnovamento, quindi anche al rapporto che la natura intrattiene con il tempo. Gli eventi naturali segnavano il corso dell’anno e la vita degli uomini con una catena di scadenze rituali che si ripeteva ogni anno e che, dalla società contadina passò alla società guerriera, con la creazione dei nenjūgyōji, gli “eventi annuali” che ancora oggi marcano il calendario giapponese: Shōgatsu (Capodanno), Obon, (la Festa del ritorno dei morti), e così via.
La particolare attenzione rivolta al susseguirsi delle stagioni risente, quindi, di numerosi fattori, tutti correlati fra loro:
un approccio particolare nei confronti della natura (l'uomo inscindibilmente legato alla natura) che si esplicita nel sistema di credenze poi confluito nello Shintō, la ciclicità e la ripetitività dei riti della vita contadina caratteristici del Giappone arcaico e, non ultimo, il senso buddhista dell’impermanenza della condizione umana, della transitorietà delle cose del mondo, della loro mutevolezza (mujō).
E, di conseguenza, l’idea di una bellezza concepita come indissolubilmente legata alla sua caducità: ed ecco che qui si affaccia il tema del fiore di ciliegio.
La consonanza uomo-natura diventa così consonanza con la stagione vissuta nella pienezza delle sue manifestazioni, siano esse atmosferiche o vegetali. A questa consonanza non sfugge la figura del guerriero, del bushi.
Sia a causa delle attività che lo impegnavano sul territorio, sia a causa di una adesione ideale al concetto di impermanenza mutuato dal Buddhismo Zen, la dottrina che più di ogni altra fornì ai samurai un percorso di liberazione dai legami del mondo utile per affrontare al meglio la morte in battaglia.
Il concetto di impermanenza nell'immaginario giapponese è sempre collegato al fiore di ciliegio, sfolgorante nella sua bellezza dal brevissimo respiro.
“Il fiore di ciliegio, re dei fiori in Giappone, è una stagione, la primavera, è il destino dei fiori dispersi dal vento, è la fragilità della vita.” Yoshitsune Senbonzakura
Il Giappone è un Paese che vanta un tradizione guerriera lunga ed interessante. Interprete di questa tradizione è la figura del cavaliere dell’antico Giappone: il samurai 侍.
Oltre alle arti marziali, direttamente connesse con la sua professione, praticava arti zen come Cha no yu 茶の湯 o Shodō, conosciuto in Occidente come la Cerimonia del tè.
L’élite guerriera, infatti, si sentì sempre attratta dallo Zen la cui rigorosa disciplina, le cui pratiche, le istanze di frugalità, semplicità e immediatezza ben si accordavano con il sentire dei guerrieri.
Il Samurai è intrepido, l’archetipo del guerriero individuale.
È un esteta, che apprezza la bellezza del fiore di ciliegio,
ravvisando nella sua breve durata la propria vita altrettanto breve. La bellezza effimera del sakura ricorda la caducità della vita.
Sakura no hana 桜の花 (Fiore di Ciliegio) è l’emblema radioso della primavera 春, il segno del ritorno della vita e della vittoria della dea solare.
Mostra uno spettacolo incantevole nel quale il samurai vedeva riflessa la grandiosità della propria figura avvolta nell'armatura è sufficiente un improvviso temporale perché tutti i fiori cadano a terra, proprio come il samurai può cadere per un colpo di spada infertogli dal nemico. Il fiore di ciliegio, delicato e fragile, ma allo stesso tempo tenace nella sua perfezione, rappresenta la bellezza e la caducità degli uomini al mondo.
Il guerriero, abituato a pensare alla morte in battaglia non come un fatto negativo ma come l'unica maniera onorevole di andarsene, rifletté nel fiore di ciliegio questa filosofia.
Il samurai deve avere tutte le caratteristiche del fiore di ciliegio: la semplicità, la purezza, la delicatezza, oltre la disposizione a cadere con naturalezza quando è il momento.
La delicatezza del fiore esprime il non attaccamento.
Dopo avere annunciato la primavera il fiore di ciliegio si lascia trasportare dal vento. Il distacco dall'albero, inteso come il distacco dalla materialità della vita, deve considerarsi come atto sacro di dedizione al principio che ha determinato i propri voti.
La forza della terra si rivela come purezza e fragranza nell'azzurro del cielo.
Così la potenza del guerriero non si rivela come peso brutale e travolgente, ma con la purezza ed il candore dei sentimenti del cuore.
Nel fiore di ciliegio la natura si rivela pura, come la lealtà di un samurai. La perfezione dei cinque petali del sakura deve essere vista dal samurai come un modello a cui tendere, un esempio a cui aspirare nei momenti difficili del suo cammino. La fragranza del sakura è simile al nome onorato di un samurai, che detesta la codardia e si sforza di lasciare dietro a sé un nome imperituro.
La vita del bushi è bella ed effimera come solo i fiori più belli sanno essere.
La morte è come il vento che distacca i fiori dai rami per cospargerne i prati, le acque, i torrenti.
Non vi è nulla di tremendo nel vento di primavera: viene dall'azzurro e luminoso mistero del cielo, annuncia la vita. Il bushi considerava la sua morte proprio come il vento di primavera: egli va da mistero a mistero, da Vita a Vita, ed è cosciente di questo andare nel suo breve passaggio primaverile sulla terra degli uomini.
Per i samurai, pronti a morire in battaglia, il fiore di ciliegio costituiva un simbolo assertivo della vita nel momento del loro estremo sacrificio.
Sebbene si possa pensare che i petali delicati fluttuanti nell’aria abbiano ben poca attinenza con le battaglie, per questi guerrieri tale simbolismo coglieva perfettamente lo spirito glorioso del loro ardimento. Un simbolismo, quello del fiore di ciliegio, che esprime un profondo rispetto per la vita, spesso troncata nel fiore degli anni. Il Sakura, giunto a completa fioritura, cade repentinamente, così l’ideale del samurai è morire combattendo, senza rimpianto, quando l’ora giusta è giunta.
Questa simbologia non è da considerarsi solo in relazione all'antica tradizione guerriera, ma ritroviamo il simbolo del fiore di ciliegio anche sulle bombe Ohka o fiore di ciliegio, alianti monoposto progettati per gli attacchi suicida, usati dai giapponesi nella Seconda Guerra Mondiale.
“Sono caduti come fiori di ciliegio”, si diceva in Giappone dei soldati che avevano sacrificato la loro vita in battaglia.
I piloti giapponesi dipingevano il simbolo del ciliegio sui fianchi dei loro alianti in partenza per le missioni suicide.
Yokosuka MXY7 - Ohka aliante monoposto con il Simbolo Sakura Kamikaze
Nel cielo di Okinawa, verso la fine del 1944, molti giovani piloti caddero come fiori di ciliegio.
Erano gli uomini che avevano risposto all'appello dell'ammiraglio Onishi, comandante delle forze aeree della marina imperiale che, in un disperato tentativo di salvare il Giappone dall'invasione americana, aveva disposto la
formazione immediata delle Forze speciali d’attacco Vento Divino (Kamikaze), per sferrare un’ultima offensiva contro le portaerei nemiche.
Kamikaze è composto dal kanji kami 神, divinità, un termine fondamentale nello shintoismo; e da 風 kaze che sta per vento: ka significa inspirare e ze è espirare.
I Kamikaze usavano il fiore di ciliegio come simbolo per rappresentare il proprio destino durante la battaglia.
La loro missione suicida era infatti consacrata dal sakura come gesto di grandezza morale e sacrificio estremo.
La morte in questo caso non rappresenta la fine della propria esistenza ma l'inizio della propria consacrazione spirituale verso un cammino di rinascita ed elevazione interiore, che è impossibile raggiungere conducendo la sola vita terrena. Ovviamente, il Sakura e la fioritura dei ciliegi è presente nella letteratura, nella musica, nella danza, nella pittura e nella religione.
Sakura e Torii (鳥居) tradizionale portale giapponese che porta al jinja o santuario giapponese shinto in Hirosaki
Numerosi templi giapponesi sono adornati con i sakura.
Molti fiori sono nei luoghi sacri dedicati a commemorare le vittime di guerre o i combattenti stessi di importanti battaglie nazionali. In questo caso il sakura è sia un omaggio nei confronti della loro lealtà e del loro coraggio che elemento di buon auspicio in vista della loro vita al di là della morte.
Il rispetto tipicamente giapponese per la bellezza fugace dell’esistenza e l’idea della vita breve e della morte eroica appaiono evidenti nelle decorazioni delle armature e delle armi arricchite da elementi estetici e simbolici. Forse, niente simboleggia maggiormente i Samurai della loro armatura, che non aveva solo una funzione di protezione, i dettagli ne rivelavano qualcosa di più profondo.
I Samurai personalizzavano i loro elmi con decorazioni e disegni con l’intento di intimidire i loro avversari, i colori forti ed intensi avevano lo scopo di ispirare azioni coraggiose in battaglia. L’armatura non aveva solamente lo scopo di proteggere la vita, era di per se stessa un invito alla morte. Infatti nessuna armatura avrebbe mai potuto difendere dal fendente di una katana. L’utilizzo della simbologia rientra in un discorso che mira a comunicare per allusioni, attraverso metafore appartenenti a un patrimonio culturale comune e condiviso.
Solo così è possibile cogliere il senso della presenza sui kabuto (elmi) o sulle varie parti che compongono i dōmaru (corazze) di leoni e peonie, simboli di regalità, di draghi, simboli di forza e valore, di libellule, simboli di uno spirito combattivo e indomito e quindi di coraggio, o di crisantemi e di zucche, simboli di longevità, di fiori di pruno, simboli di ardimento, di bambù, che rappresenta la costanza, la pazienza, la capacità di sopportare le difficoltà e di rimanere integro ed è l’immagine della forza flessibile, elegante, onesta e integra.
Un decorativismo, quindi, che predilige l’elemento naturale.
Le immagini della natura vengono prima idealizzate, quindi migliorate per creare combinazioni, equilibri di linee, di forme, di colori più interessanti, per poi essere ridotte, in parte o completamente, a motivi semi-astratti o stilizzati.
alcuni mon, con le rispettive casate
Si prendano ad esempio i mon, l'emblema o lo stemma, il simbolo della casata cui apparteneva il samurai.
Genealogia e ''yotsuwari bishi mon'' del clan Takeda
In particolare quello della famiglia Tokugawa, costituito da 3 foglie di malva - aoi - racchiuse in un cerchio o quello a 4 losanghe, detto yotsuwari bishi mon del clan Takeda 武田氏 che altro non è se non un' estrema stilizzazione di 4 foglie di castagna d’acqua.
Oppure, i fiori di ciliegio a 5 petali presenti sul dorso di molti guanti protettivi dei guerrieri. D'altronde, niente può sintetizzare la figura del samurai, quanto il Sakura, ecco perchè molti lo adottarono come emblema di appartenenza alla propria classe.
Takeda - a sinistra- al centro uno Yari samurai, con un messaggero
Per comprendere quanto fosse importante la metafora naturale per il bushi basta considerare il motto di Takeda Shingen 武田信玄(1521-1582), un grande guerriero la cui epopea è raccontata nel capolavoro di Akira Kurosawa, Kagemusha, l’ombra del guerriero film del 1980:
Una poesia che non solo celebra l’analogia tra il fiore di ciliegio (sakura) e il bushi, quanto l'esaltazione del guerriero come figura che primeggia fra gli uomini.
Proprio come il ciliegio primeggia fra i fiori.
Ma perché si arriva a paragonare il guerriero a un fiore?
I Giapponesi, hanno da sempre, un rapporto privilegiato con
Questo rapporto si fonda su un concetto ben diverso da quello prometeico occidentale di sottomissione delle forze naturali al dominio dell’uomo.
natura |
Piuttosto si basa su una relazione simbiotica e armonica: l’uomo non è che un elemento dell’ordine delle cose.
La vita su un territorio difficile, minacciato da terremoti, eruzioni vulcaniche, tifoni.
Per non parlare delle insidie storiche.
Il Giappone è sempre stato un paese diviso dalle guerre.
Gli imperatori non erano in grado di sedare gli scontri per il potere fra i Daimyō e gli Shogun di turno, e spesso era il popolo a farne le spese. E' in questo contesto che nasce il Samurai.
Alcuni divennero leggenda, come i 47 rōnin, altri sono stati dimenticati, oppure sono sopravvissuti fino ai giorni nostri grazie al cinema e al grande Akira Kurosawa.
L’esperienza e il pensiero religioso hanno originato, nel corso dei secoli, una sensibilità attenta alle variazioni della natura, al suo continuo rinnovamento, quindi anche al rapporto che la natura intrattiene con il tempo. Gli eventi naturali segnavano il corso dell’anno e la vita degli uomini con una catena di scadenze rituali che si ripeteva ogni anno e che, dalla società contadina passò alla società guerriera, con la creazione dei nenjūgyōji, gli “eventi annuali” che ancora oggi marcano il calendario giapponese: Shōgatsu (Capodanno), Obon, (la Festa del ritorno dei morti), e così via.
La particolare attenzione rivolta al susseguirsi delle stagioni risente, quindi, di numerosi fattori, tutti correlati fra loro:
un approccio particolare nei confronti della natura (l'uomo inscindibilmente legato alla natura) che si esplicita nel sistema di credenze poi confluito nello Shintō, la ciclicità e la ripetitività dei riti della vita contadina caratteristici del Giappone arcaico e, non ultimo, il senso buddhista dell’impermanenza della condizione umana, della transitorietà delle cose del mondo, della loro mutevolezza (mujō).
E, di conseguenza, l’idea di una bellezza concepita come indissolubilmente legata alla sua caducità: ed ecco che qui si affaccia il tema del fiore di ciliegio.
La consonanza uomo-natura diventa così consonanza con la stagione vissuta nella pienezza delle sue manifestazioni, siano esse atmosferiche o vegetali. A questa consonanza non sfugge la figura del guerriero, del bushi.
Sia a causa delle attività che lo impegnavano sul territorio, sia a causa di una adesione ideale al concetto di impermanenza mutuato dal Buddhismo Zen, la dottrina che più di ogni altra fornì ai samurai un percorso di liberazione dai legami del mondo utile per affrontare al meglio la morte in battaglia. Il concetto di impermanenza nell'immaginario giapponese è sempre collegato al fiore di ciliegio, sfolgorante nella sua bellezza dal brevissimo respiro.
“Il fiore di ciliegio, re dei fiori in Giappone, è una stagione, la primavera, è il destino dei fiori dispersi dal vento, è la fragilità della vita.” Yoshitsune Senbonzakura
Il Giappone è un Paese che vanta un tradizione guerriera lunga ed interessante. Interprete di questa tradizione è la figura del cavaliere dell’antico Giappone: il samurai 侍.
Oltre alle arti marziali, direttamente connesse con la sua professione, praticava arti zen come Cha no yu 茶の湯 o Shodō, conosciuto in Occidente come la Cerimonia del tè.
L’élite guerriera, infatti, si sentì sempre attratta dallo Zen la cui rigorosa disciplina, le cui pratiche, le istanze di frugalità, semplicità e immediatezza ben si accordavano con il sentire dei guerrieri.
Oltre alle arti marziali, direttamente connesse con la sua professione, praticava arti zen come Cha no yu 茶の湯 o Shodō, conosciuto in Occidente come la Cerimonia del tè.
L’élite guerriera, infatti, si sentì sempre attratta dallo Zen la cui rigorosa disciplina, le cui pratiche, le istanze di frugalità, semplicità e immediatezza ben si accordavano con il sentire dei guerrieri.
Il Samurai è intrepido, l’archetipo del guerriero individuale.
È un esteta, che apprezza la bellezza del fiore di ciliegio,
ravvisando nella sua breve durata la propria vita altrettanto breve. La bellezza effimera del sakura ricorda la caducità della vita.
Sakura no hana 桜の花 (Fiore di Ciliegio) è l’emblema radioso della primavera 春, il segno del ritorno della vita e della vittoria della dea solare.
Mostra uno spettacolo incantevole nel quale il samurai vedeva riflessa la grandiosità della propria figura avvolta nell'armatura è sufficiente un improvviso temporale perché tutti i fiori cadano a terra, proprio come il samurai può cadere per un colpo di spada infertogli dal nemico. Il fiore di ciliegio, delicato e fragile, ma allo stesso tempo tenace nella sua perfezione, rappresenta la bellezza e la caducità degli uomini al mondo.
Il guerriero, abituato a pensare alla morte in battaglia non come un fatto negativo ma come l'unica maniera onorevole di andarsene, rifletté nel fiore di ciliegio questa filosofia.
Il samurai deve avere tutte le caratteristiche del fiore di ciliegio: la semplicità, la purezza, la delicatezza, oltre la disposizione a cadere con naturalezza quando è il momento.
La delicatezza del fiore esprime il non attaccamento.
Dopo avere annunciato la primavera il fiore di ciliegio si lascia trasportare dal vento. Il distacco dall'albero, inteso come il distacco dalla materialità della vita, deve considerarsi come atto sacro di dedizione al principio che ha determinato i propri voti.La delicatezza del fiore esprime il non attaccamento.
La forza della terra si rivela come purezza e fragranza nell'azzurro del cielo.
Così la potenza del guerriero non si rivela come peso brutale e travolgente, ma con la purezza ed il candore dei sentimenti del cuore.
Nel fiore di ciliegio la natura si rivela pura, come la lealtà di un samurai. La perfezione dei cinque petali del sakura deve essere vista dal samurai come un modello a cui tendere, un esempio a cui aspirare nei momenti difficili del suo cammino. La fragranza del sakura è simile al nome onorato di un samurai, che detesta la codardia e si sforza di lasciare dietro a sé un nome imperituro.
La vita del bushi è bella ed effimera come solo i fiori più belli sanno essere.
La morte è come il vento che distacca i fiori dai rami per cospargerne i prati, le acque, i torrenti.
Non vi è nulla di tremendo nel vento di primavera: viene dall'azzurro e luminoso mistero del cielo, annuncia la vita. Il bushi considerava la sua morte proprio come il vento di primavera: egli va da mistero a mistero, da Vita a Vita, ed è cosciente di questo andare nel suo breve passaggio primaverile sulla terra degli uomini.
La morte è come il vento che distacca i fiori dai rami per cospargerne i prati, le acque, i torrenti.
Non vi è nulla di tremendo nel vento di primavera: viene dall'azzurro e luminoso mistero del cielo, annuncia la vita. Il bushi considerava la sua morte proprio come il vento di primavera: egli va da mistero a mistero, da Vita a Vita, ed è cosciente di questo andare nel suo breve passaggio primaverile sulla terra degli uomini.
Per i samurai, pronti a morire in battaglia, il fiore di ciliegio costituiva un simbolo assertivo della vita nel momento del loro estremo sacrificio.
Sebbene si possa pensare che i petali delicati fluttuanti nell’aria abbiano ben poca attinenza con le battaglie, per questi guerrieri tale simbolismo coglieva perfettamente lo spirito glorioso del loro ardimento. Un simbolismo, quello del fiore di ciliegio, che esprime un profondo rispetto per la vita, spesso troncata nel fiore degli anni. Il Sakura, giunto a completa fioritura, cade repentinamente, così l’ideale del samurai è morire combattendo, senza rimpianto, quando l’ora giusta è giunta.
“Sono caduti come fiori di ciliegio”, si diceva in Giappone dei soldati che avevano sacrificato la loro vita in battaglia.I piloti giapponesi dipingevano il simbolo del ciliegio sui fianchi dei loro alianti in partenza per le missioni suicide.
Yokosuka MXY7 - Ohka aliante monoposto con il Simbolo Sakura Kamikaze |
Erano gli uomini che avevano risposto all'appello dell'ammiraglio Onishi, comandante delle forze aeree della marina imperiale che, in un disperato tentativo di salvare il Giappone dall'invasione americana, aveva disposto la
formazione immediata delle Forze speciali d’attacco Vento Divino (Kamikaze), per sferrare un’ultima offensiva contro le portaerei nemiche.
Kamikaze è composto dal kanji kami 神, divinità, un termine fondamentale nello shintoismo; e da 風 kaze che sta per vento: ka significa inspirare e ze è espirare.
La loro missione suicida era infatti consacrata dal sakura come gesto di grandezza morale e sacrificio estremo.
I Kamikaze usavano il fiore di ciliegio come simbolo per rappresentare il proprio destino durante la battaglia.
La morte in questo caso non rappresenta la fine della propria esistenza ma l'inizio della propria consacrazione spirituale verso un cammino di rinascita ed elevazione interiore, che è impossibile raggiungere conducendo la sola vita terrena. Ovviamente, il Sakura e la fioritura dei ciliegi è presente nella letteratura, nella musica, nella danza, nella pittura e nella religione.
Sakura e Torii (鳥居) tradizionale portale giapponese che porta al jinja o santuario giapponese shinto in Hirosaki |
Molti fiori sono nei luoghi sacri dedicati a commemorare le vittime di guerre o i combattenti stessi di importanti battaglie nazionali. In questo caso il sakura è sia un omaggio nei confronti della loro lealtà e del loro coraggio che elemento di buon auspicio in vista della loro vita al di là della morte.
Il rispetto tipicamente giapponese per la bellezza fugace dell’esistenza e l’idea della vita breve e della morte eroica appaiono evidenti nelle decorazioni delle armature e delle armi arricchite da elementi estetici e simbolici. Forse, niente simboleggia maggiormente i Samurai della loro armatura, che non aveva solo una funzione di protezione, i dettagli ne rivelavano qualcosa di più profondo.
I Samurai personalizzavano i loro elmi con decorazioni e disegni con l’intento di intimidire i loro avversari, i colori forti ed intensi avevano lo scopo di ispirare azioni coraggiose in battaglia. L’armatura non aveva solamente lo scopo di proteggere la vita, era di per se stessa un invito alla morte. Infatti nessuna armatura avrebbe mai potuto difendere dal fendente di una katana. L’utilizzo della simbologia rientra in un discorso che mira a comunicare per allusioni, attraverso metafore appartenenti a un patrimonio culturale comune e condiviso.
Solo così è possibile cogliere il senso della presenza sui kabuto (elmi) o sulle varie parti che compongono i dōmaru (corazze) di leoni e peonie, simboli di regalità, di draghi, simboli di forza e valore, di libellule, simboli di uno spirito combattivo e indomito e quindi di coraggio, o di crisantemi e di zucche, simboli di longevità, di fiori di pruno, simboli di ardimento, di bambù, che rappresenta la costanza, la pazienza, la capacità di sopportare le difficoltà e di rimanere integro ed è l’immagine della forza flessibile, elegante, onesta e integra.
Un decorativismo, quindi, che predilige l’elemento naturale.
Le immagini della natura vengono prima idealizzate, quindi migliorate per creare combinazioni, equilibri di linee, di forme, di colori più interessanti, per poi essere ridotte, in parte o completamente, a motivi semi-astratti o stilizzati.
alcuni mon, con le rispettive casate
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Si prendano ad esempio i mon, l'emblema o lo stemma, il simbolo della casata cui apparteneva il samurai.
Genealogia e ''yotsuwari bishi mon'' del clan Takeda |
In particolare quello della famiglia Tokugawa, costituito da 3 foglie di malva - aoi - racchiuse in un cerchio o quello a 4 losanghe, detto yotsuwari bishi mon del clan Takeda 武田氏 che altro non è se non un' estrema stilizzazione di 4 foglie di castagna d’acqua.
Oppure, i fiori di ciliegio a 5 petali presenti sul dorso di molti guanti protettivi dei guerrieri. D'altronde, niente può sintetizzare la figura del samurai, quanto il Sakura, ecco perchè molti lo adottarono come emblema di appartenenza alla propria classe.
Takeda - a sinistra- al centro uno Yari samurai, con un messaggero |
Per comprendere quanto fosse importante la metafora naturale per il bushi basta considerare il motto di Takeda Shingen 武田信玄(1521-1582), un grande guerriero la cui epopea è raccontata nel capolavoro di Akira Kurosawa, Kagemusha, l’ombra del guerriero film del 1980:
Veloce come il vento
Silenzioso come la foresta
Rapido come il fuoco
Inamovibile come la montagna.
Sono parole che Takeda Shingen, fervente studioso, aveva tratto dall'Arte della guerra del saggio cinese Sun tzu.
L''emblema dei suoi leggendari reggimenti di cavalleria erano gli ideogrammi:
- fu (風¹ vento)
fu |
- ka (火 fuoco)
ka |
Invece la fanteria portava lo stendardo rin (林 foresta).
rin |
Quando l'esercito dei Takeda entrava in battaglia, la carica della cavalleria era veloce come il vento, seguiva l'attacco della fanteria silenziosa come la foresta, e infine la seconda ondata di cavallieri, devastatrice ed implacabile come il fuoco.
montagna |
Invece l'ideogramma zan o yama, 山² montagna, rappresentava Takeda Shingen, saldo ed immobile come una montagna nella guida delle battaglie, determinato a logorare avversari e nemici con l'arma dell'impassibilità agli eventi.
Quale esempio del costante riferimento alla natura nella vita dei bushi potremmo trovare migliore di questo? Il motto di Shingen sembra sintetizzare perfettamente questa visione del mondo, evocativa e affascinante.
¹ il Kanji 風 vento compone anche l'ideogramma 神風 KamiKaze..
Lettura On: ふう (Fu), ふ (fu)
lettura Kun: かぜ (kaze)
² 山 montagna, è un kanji molto semplice da ricordare data la sua frequenza d’uso e bassissimo numero di pronunce, infatti ha solo 2 letture on-yomi e 1 sola lettura kun-yomi:
Goon: せん (z)sen
Kan'on: さん (z)san
Kun: やま yama
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
- Onore e spada. Il Giappone dei samurai di Corona Marino, 2013, Res Gestae
- Sotto la foresta dei ciliegi in fiore e altri racconti di Sakaguchi Ango 1993, Curatore Orsi M. T., Editore Marsilio (collana Letteratura universale. Mille gru)
- La mente del samurai. Cinque testi classici sulla spada giapponese di Christopher Hellman
- Letteratura giapponese. I. Dalle origini alle soglie dell'età moderna, a cura di A. Boscaro Einaudi, Torino 2005.
- Haiku come fiori di ciliegio pubblicato da Fusibilia Libri, curatore Rizzo A.
- Il codice segreto dei samurai. Hagakure, introduzione di YAMAMOTO Tsunetomo, Milano, Luni Editrice, p. 19.
- Kokin waka shû. Raccolta di poesie giapponesi antiche e moderne. Testo giapponese a fronte - Curatore: Ikuko Sagiyama - Editore Ariele (collana Lapislazzuli)
- Kanadehon Chūshingura 仮名手本忠臣蔵, edizione critica a cura di Hattori Yukio, Tōkyō, Hakusuisha, 1994, p. 233 e p. 258
- TANAKA Ikkō, KOIKE Kazuko (eds), Japan Color, San Francisco, Chronicle Books, 1982, p. 17
- Michele BAMBLING, “Bellezza e caducità nell’arte giapponese”, cap. Come ciliegi in fiore. Fascino della bellezza e senso dell’effimero nella tradizione artistica del Giappone, a cura di Yanagi Koichi, Roma, Gangemi, 2005, pp. 27 e 28
Tutte le stampe Ukiyo-e provengono dal sito ukiyo-e.org una risorsa incredibile per la ricerca di xilografie giapponesi.
Tutti i riferimenti a Religioni e Culti in Giappone da:
- Shintō: Origini, Rituali, Festival di Littleton, C Scott (2002) - Oxford University Press.
- Storia Illustrata delle Religioni di Bowker, John W (2002) New York
Storia del Giappone da:
- Le arti del Giappone. Una storia illustrata di H.Munsterberg, tokyo, 1958
- Il Giappone e la sua civiltà: profilo storico, di Takeshita Toshiaki, Bologna, Clueb, 1996.
- Storia del Giappone e dei giapponesi di Robert Calvet
Buongiorno, vorrei sapere se nel disegno del samurai è i ciliegi la scritta posta sotto il ciliegio recita: tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero? Questo è scritto?
RispondiEliminaSalve volevo sapere se la scritta con IP guerrilla significa come ciliegi in fiore. Grazie
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