Parlare della Katana e dei Samurai significa evocare realtà e leggenda, circondati da una nebbia dove eroi, dei, cavalieri, amore, guerra, poesia ed arte si muovono senza fine.
La Katana e' stata considerata il simbolo del Giappone tradizionale e il fondamento del Bushidō, durato oltre un millennio. Il Bushi (guerriero) considerava la sua spada come il bene più prezioso dopo l'onore e la venerava in maniera quasi superstiziosa. Se il Cuore del guerriero era puro la spada avrebbe agito secondo giustizia, altrimenti sarebbe stata impugnata solo per scopi malvagi.
'剣は心なり"
心正しからざれば、剣又正しからず。
すべからく剣を学ばんと欲する者は、
まず心より学べ – 島田 虎之助"
CHE SI LEGGE:
''Ken wa kokoro nari.
Kokoro Tadashi karazareba, ken mata Tadashi karazu.
Subekaraku Ken o manaban to hossuru mono wa,
mazu kokoro yori Manabe - Shimada Toranosuke (1814-1852)"
TRADOTTO IN ITALIANO:
"La spada è (come) il cuore (心).
Se il cuore non è corretto, allora la spada non è corretta.
Per chiunque voglia studiare la (via della) spada, bisogna prima studiare il proprio cuore - Shimada Toranosuke (1814-1852)"
La figura del samurai, abile uomo d’armi, nacque in Giappone verso la fine del primo millennio d.C. quando la pronuncia era saburai 侍, dall'antico verbo saburau 侍ふ, tradotto con una circonlocuzione un po' complessa ma che rende esaustivamente l'idea, significa “tenersi vicino a” o "trovarsi accanto", e quindi anche intesa come "servo" o anche "accompagnatore".
Con questo termine, si indicavano, nell'antico Giappone e fino a tutto il sec. XI, i soldati che facevano la guardia al palazzo dell'imperatore.
Fu soltanto nell'epoca moderna, intorno al periodo Edo del tardo XVI e XVII secolo che la pronuncia saburai mutò in samurai 侍. Oltre la sua lettura, anche la composizione grafica dell'ideogramma discende dal concetto di servizio. Così il significato della parola è graficamente espresso dal suo ideogramma: 侍
侍 (samurai) è il risultato della composizione grafica e concettuale di due kanji:
人 (sulla sinistra) + 寺 ( a destra)
Il primo, è il radicale di persona: 人 hito.
Il secondo è 寺 tera ossia tempio (buddista), ed è anche l'elemento fonetico dell'ideogramma 侍 e in giapponese si pronuncia ''jin''.
I kanji hanno diversi significati e sfumature di significato. Tanto che l'ideogramma di persona che raffigura una figura umana leggermente piegata, protesa in avanti, pare stia a significare la propensione dell'uomo a tendere verso altri uomini, quindi l'essere vicini, a contatto, fare conoscenza, vivere in gruppo è da intendersi nel significato di Uomo. Così che i due kanji insieme esprimono il concetto di un individuo che s'impegna al servizio di qualcuno, un uomo che serve, e difatti i samurai erano sempre al servizio di qualcuno, i vassalli di un signore di rango più elevato.
Insieme esprimono il concetto di uomo che serve, e difatti i samurai erano sempre al servizio di qualcuno, i vassalli di un signore di rango più elevato. Inoltre il tutto oltre a pronunciarsi “samurai” può anche essere letto “ji” da cui “ji suru” sempre servire.
SINONIMO DI SAMURAI ERA BUSCI-GUERRIERO |
Così la parola samurai divenne di uso comune solo in epoca
Heian 平安時代 [794-1185]. I samurai erano gli attendenti presso la nobiltà della capitale Heian Kyo (città della pace, capitale imperiale dal 794 al 1868, l’odierna Kyoto). In un periodo della storia giapponese compreso tra l'VIII e il XII secolo, dominata da una classe aristocratica di letterati ed esteti dimentichi degli affari di stato, per cui i valori guerrieri non erano contemplati.
E’ solo poi con la decadenza e disgregazione dello stato che si fa strada il valore guerriero dei bushi, organizzati in BUSHIDAN, gruppi di guerrieri privati: valore volto quindi alla conquista della terra, della proprietà, del potere e della ricchezza – l’onore era l’ultimo dei fini dell’azione.
Heian 平安時代 [794-1185]. I samurai erano gli attendenti presso la nobiltà della capitale Heian Kyo (città della pace, capitale imperiale dal 794 al 1868, l’odierna Kyoto). In un periodo della storia giapponese compreso tra l'VIII e il XII secolo, dominata da una classe aristocratica di letterati ed esteti dimentichi degli affari di stato, per cui i valori guerrieri non erano contemplati.
Ma solo nell'epoca feudale, il termine samurai passò a designare genericamente chi esercitava il mestiere delle armi. Sempre più spesso erano i guerrieri a ricoprire il ruolo di attendenti samurai diviene sinonimo di bushi 武士 o buke (guerriero).
Questi due termini divengono quindi intercambiabili, e vanno a sostituire il precedente termine per guerriero: Tsuwamono, che intorno al x secolo usava ancora le spade dritte di origine cinese - Tsuwamono no michi, via delle armi.E’ solo poi con la decadenza e disgregazione dello stato che si fa strada il valore guerriero dei bushi, organizzati in BUSHIDAN, gruppi di guerrieri privati: valore volto quindi alla conquista della terra, della proprietà, del potere e della ricchezza – l’onore era l’ultimo dei fini dell’azione.
Volgendo dunque l’attenzione all’etimologia di bushi esso è composto da due ideogrammi: ''bu'' e ''shi''.
Il primo 武 esprime il concetto di “guerriero” e letteralmente significa'' militare, marziale'' e da “Shi”士, kana che indica dieci ed anche uno, quindi significa persona di valore e sta per “gentiluomo, cavaliere, la classe sociale dei samurai”, la prima delle quattro classi in cui si divideva la società giapponese:
Inoltre dal termine bushi deriva anche quello di “bushidō”, la filosofia ed etica dei Samurai.
L’ideogramma bu 武 ha un radicale che significa “fermare” ed inoltre contiene anche il termine “lancia”: “FERMARE LA LANCIA”, dunque.
Bu è inoltre radice comune a Bun che significa “letteratura, lettere”: “fermare la lancia” con l'arte della guerra (forza della spada) ma anche con l'arte della pace (forza della conoscenza). Il Bushi 武士 è colui che mantiene la pace, sia con la forza delle armi che con la forza della conoscenza.
Bun e Bu sono quindi due facce dell’esistenza del guerriero compiuto: quella serena e calma dello studio e della sensibilità estetica, e quella feroce ed implacabile del combattimento. Il guerriero come uomo di conoscenza ed al contempo di azione dunque.
Questi sono alcuni termini usati come sinonimo di samurai:
- Buke 武家 - appartenente ad una famiglia militare
- Mononofu もののふ - termine arcaico per "guerriero"
- Musha 武者 - abbreviazione di Bugeisha 武芸者, letteralmente "uomo delle arti marziali"
- Shi 士 - pronuncia sinogiapponese del carattere che comunemente si legge samurai
- Tsuwamono 兵 - termine arcaico per "soldato", reso celebre da un famoso haiku di Matsuo Basho; indica una persona valorosa
Il samurai può, a seconda dei casi, essere il capo dell'armata sul campo di battaglia, l’assassino nella notte, il custode della pace, l’aristocratico amministratore, il vendicatore del proprio signore. I samurai svolsero tutti questi ruoli nelle diverse epoche della storia giapponese. Nati come élite militare, furono dapprima guerrieri tribali;all'apice del potere della famiglia imperiale furono brevemente messi da parte, poi lentamente cominciarono a dominare la burocrazia civile.
Il loro compito era quello di proteggere ed espandere le terre dei loro signori e, quando questi venivano a mancare, la loro sicurezza sociale ed economica risultava compromessa. I samurai rimasti volontariamente o meno privi del daimyō, perché era morto o perché ne avevano perso il favore o la fiducia, e quindi non più soggetti agli obblighi del codice morale (bushidō) della loro casta, erano chiamati rōnin 浪人: «uomini onda», inteso come liberi da vincoli.
Alla fine del 12° secolo in Giappone il potere imperiale si indebolì. Da allora, per circa settecento anni, il paese fu governato da alcuni potenti clan familiari che imposero il loro dominio con la forza militare. Il primo di questi potenti signori della guerra fu Yoritomo, del clan dei Minamoto, che nel 1191 assunse il titolo di shogun, «generalissimo». Fu a partire da questo periodo della storia giapponese che si affermarono i samurai, detti bushi, «guerrieri». I samurai dell'epoca feudale non costituivano milizie mercenarie, ma erano vassalli dei daimyō, grandi signori terrieri, ai quali erano legati da un giuramento di fedeltà e da un rapporto di dedizione assoluta, e beneficiavano di titoli, onori e possedimenti.
Il termine, spesso, assumeva un significato dispregiativo e designava il samurai decaduto, emarginato dalla società.
Quando il Giappone venne unificato sotto la dinastia dei Tokugawa alla fine del periodo Muromachi e le guerre cessarono, anche la katana cambiò ruolo per essere un arma simbolica e da duello.
Durante l'era Tokugawa i Samurai persero gradualmente la loro funzione militare divenendo dei semplici Rōnin che spesso si abbandonavano a saccheggi e barbarie.
Verso la fine del periodo Edo, i samurai erano essenzialmente designati come i burocrati al servizio dello shōgun o di un daimyō, e la loro spada veniva usata soltanto per scopi cerimoniali, per sottolineare la loro appartenenza di casta. In ogni caso, pur modificando la propria posizione ed il proprio ruolo durante le diverse fasi della storia del loro Paese, i samurai fino alla fine del XIX secolo, furono gli amministratori dell’impero, con una organizzazione di tipo feudale.
I samurai godevano di un grande prestigio.
Molto chiusa nei confronti dell’esterno, questa élite militare era in realtà un gruppo sociale molto composito, con grandi disparità economiche all'interno, che può essere paragonato alla piccola nobiltà europea del Medioevo. Dato lo “status” militare dei samurai, le armi e le armature sono sempre state considerate come importanti simboli di potere e di condizione sociale.
Verso la fine del periodo Edo, i samurai erano essenzialmente designati come i burocrati al servizio dello shōgun o di un daimyō, e la loro spada veniva usata soltanto per scopi cerimoniali, per sottolineare la loro appartenenza di casta. In ogni caso, pur modificando la propria posizione ed il proprio ruolo durante le diverse fasi della storia del loro Paese, i samurai fino alla fine del XIX secolo, furono gli amministratori dell’impero, con una organizzazione di tipo feudale.
Samurai appartenenti al Clan Chosyu durante la Guerra Boshin.
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Molto chiusa nei confronti dell’esterno, questa élite militare era in realtà un gruppo sociale molto composito, con grandi disparità economiche all'interno, che può essere paragonato alla piccola nobiltà europea del Medioevo. Dato lo “status” militare dei samurai, le armi e le armature sono sempre state considerate come importanti simboli di potere e di condizione sociale.
Originariamente combattevano a piedi ed erano molto esperti nell'uso dell’arco, cui erano connessi importanti riti scintoisti; fino all'introduzione delle armi da fuoco nel XVI secolo, con la polvere da sparo e l'uso del moschetto, a causa della continuità della guerra.
Immaginate che fino alla fine del XIII secolo la via della spada (kendo) era meno considerata della via dell'arco, da molti esperti di bushidō. Un arco giapponese era un'arma molto potente: le sue dimensioni permettevano di lanciare con precisione vari tipi di proiettili, come frecce infuocate o frecce di segnalazione, alla distanza di 100 metri, arrivando fino a 200 metri quando non era necessaria la precisione.
Le prime armi includevano oltre all'arco, frecce e spade. Anche se l'introduzione dei cavalli in Giappone rivoluzionò i combattimenti.
La pratica di tirare con l'arco da cavallo divenne una cerimonia Shintō detta Yabusame.
Quando nel corso del 13° secolo, i Mongoli invasero il Giappone, questi archi furono l'arma decisiva, contrapposti agli archi più piccoli e alle balestre usate dai cinesi e dai mongoli. Fu in questo periodo di sangue e guerra, che i Samurai affinarono le loro tecniche di combattimento e la spada divenne l'arma principale e emblema della loro superiorità.
Le sciabole diventarono due, una lunga, la Katana, e una più corta. E fu nel periodo Tokugawa (noto anche come periodo Edo) che si diffuse l'idea che l'anima di un samurai risiedesse nella katana che porta con sé. L’altra arma, la spada corta (wakizashi), veniva generalmente utilizzata nella cerimonia del suicidio rituale: seppuku 切腹, noto erroneamente in Occidente come harakiri 腹切り.
La traduzione letterale del termine Seppuku è "taglio dello stomaco", mentre per Harakiri è "taglio del ventre" e veniva eseguito, secondo un rituale rigidamente codificato, come espiazione di una colpa commessa o per sfuggire ad una morte disonorevole per mano dei nemici. Un elemento fondamentale per la comprensione di questo rituale è che il ventre era considerato la sede dell'anima, e pertanto commettere suicido era mostrare agli astanti la propria anima priva di colpe in tutta la sua purezza.
L’uso combinato della katana e della wakizashi (la spada corta) era chiamato daisho |
Secondo la filosofia di vita dei samurai il suicidio non era dettato dalla paura o dalla disperazione, ma era un gesto consapevole che esaltava il coraggio e ristabiliva l’onore.
Durante la feudalità, vissero nel castello del proprio signore, dal quale ricevevano i viveri per sé e per la famiglia.
Con il Rinnovamento Meiji (tardo XIX secolo) la classe dei samurai fu abolita in favore di un esercito nazionale in stile occidentale. Così, aboliti i feudi nel 1869, i samurai, col nome di shizoku, vennero incorporati nella nobiltà del nuovo Giappone. Molto del loro spirito cavalleresco è restato ancora oggi nelle classi superiori della popolazione giapponese. E il bushidō, rigido codice d'onore dei samurai, è sopravvissuto ed è ancora, nella società giapponese odierna, il nucleo di principi morali e di comportamento.
Nella seconda metà dell’Ottocento – nell’epoca del rinnovamento Meiji, a partire dal 1868 – il Giappone si aprì alla modernizzazione: anche l’apparato militare, dominato da questa antichissima tradizione militare, venne smantellato in favore di un esercito nazionale e centralizzato. Contro questa riforma si scatenò, nel 1877, la ribellione degli ‘ultimi samurai’, circa 25/30.000 soldati che si scontrarono con l’esercito regolare, attrezzato con armi più moderne e forte di circa 300.000 effettivi.
I samurai furono sconfitti e Saigo Takamori, capo della rivolta, scelse il suicidio secondo la tradizione, trasformandosi da guerriero sconfitto in eroe nazionale del Giappone.
I samurai, comunque, anche nei decenni successivi assunsero cariche importanti nell'amministrazione pubblica e nell'esercito.
Con il termine Nippontō si intendono le diverse tipologie di lame sia da fianco che da asta.
Le spade vere e proprie, le Token, prerogativa esclusiva dei samurai erano la Tachi e la Katana; infatti solo i guerrieri potevano portare lame superiori a 60 cm.
Portare le armi venne vietato nel 1523 dallo Shogun per evitare rivolte armate perché prima della riforma tutti potevano diventare samurai.
Le spade vere e proprie, le Token, prerogativa esclusiva dei samurai erano la Tachi e la Katana; infatti solo i guerrieri potevano portare lame superiori a 60 cm.
Portare le armi venne vietato nel 1523 dallo Shogun per evitare rivolte armate perché prima della riforma tutti potevano diventare samurai.
La spada lunga dei samurai, la katana, rappresentava il simbolo della forza divina che salva la vita e può dispensare la morte. Raggiunti i tredici anni, in una cerimonia chiamata Genpuku ai ragazzi della classe militare veniva dato un wakizashi spada piccola, ca.30-60cm.) e un nome da adulto, per diventare così vassalli, cioè samurai a tutti gli effetti. Questo dava loro il diritto di indossare la katana (spada grande, ca.70-75 cm.), sebbene venisse spesso assicurata e chiusa con dei lacci per evitare sfoderamenti immotivati e accidentali.
Spirito d’acciaio sguainato, la katana era una lama di luce che fendeva l’aria. La spada veniva indossata con la parte concava della lama rivolta verso il basso, in modo da poterla sguainare velocemente con abili movimenti.
Nonostante permettesse efficacemente di stoccare, veniva usata principalmente per colpire con dei fendenti.
Costruita ancora oggi secondo tradizione tramandata, quest’arma era un gioiello di fine eleganza ed elevata capacità mortale. I primi esemplari risalgono alla metà del periodo Muromachi (1392-1573), e seguono la foggia modificata di quelli importati dalla Cina nel V secolo.
Impugnata ad una o due mani, l’antica spada giapponese dei samurai volteggiava leggera fino a colpire il nemico e attraversargli l’anima. Quest’ultima diventò la maniera più comune, sebbene Musashi Miyamoto, ne "Il libro dei cinque anelli", raccomandava la tecnica a due spade, che presupponeva l'impugnatura singola.
La spada giapponese venne riadattata per essere utilizzata dalla fanteria anziché dalla cavalleria: rispetto a prima la sua lama, rivolta verso l’alto, si fa più corta (60 cm.) con una curvatura meno pronunciata. Di solito era affiancata dal wakizashi, una seconda arma più piccola.
Issha Zetsu Mei (Tutta la tua vita in un solo colpo)
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Sebbene ufficialmente un impero, il Giappone è stato controllato per circa sette secoli da una casta militare che ha lasciato all’imperatore una sovranità solo apparente e un ruolo più religioso che politico.
I bushi erano di fatto gli amministratori dell’impero con un'organizzazione militare di stampo feudale governata dallo shōgun.
Per questo motivo armi ed armature sono sempre state considerate importanti simboli di potere e di condizione sociale.
L’armatura giapponese nasce tra il X e l’XI secolo come evoluzione dei modelli antichi composti solo da grandi piastre metalliche; tra il XII e il XV secolo essa completa la sua trasformazione diventando quella che oggi tutti conosciamo.
All'inizio i samurai combattevano a cavallo utilizzando l’arco come arma principale e l’armatura di questo periodo era concepita per affrontare scontri tra cavallerie poco numerose.
Riservata ai guerrieri di alto lignaggio, viene chiamata ō-yoroi, letteralmente “grande armatura”. simile alle armature europee, tranne che per l’uso della lacca e della maschera facciale.
Oltre alle due spade, l'ō-yoroi era un vero e proprio simbolo ed anima del samurai.
L'armatura, a disposizione dei Samurai era meno ingombrante e pesante di quelle dei cavalieri medioevali europei, in quanto veniva costruita con materiali in genere più leggeri, ma non per questo si può dire che svolgesse il suo compito in maniera meno efficace. La tipologia di queste armature, rifletteva in buona parte le esigenze dei Samurai, disposti a sacrificare lo spessore delle loro protezioni in favore di una maggiore capacità di movimento. Questo atteggiamento non derivava da un'eccessiva sicurezza ostentata dai guerrieri giapponesi, ma dalla constatazione che nessuna armatura costituiva una barriera impenetrabile per le frecce, le lance e le spade dei nemici.
I bushi erano di fatto gli amministratori dell’impero con un'organizzazione militare di stampo feudale governata dallo shōgun.
Per questo motivo armi ed armature sono sempre state considerate importanti simboli di potere e di condizione sociale.
L’armatura giapponese nasce tra il X e l’XI secolo come evoluzione dei modelli antichi composti solo da grandi piastre metalliche; tra il XII e il XV secolo essa completa la sua trasformazione diventando quella che oggi tutti conosciamo.
All'inizio i samurai combattevano a cavallo utilizzando l’arco come arma principale e l’armatura di questo periodo era concepita per affrontare scontri tra cavallerie poco numerose.
Riservata ai guerrieri di alto lignaggio, viene chiamata ō-yoroi, letteralmente “grande armatura”. simile alle armature europee, tranne che per l’uso della lacca e della maschera facciale.
Oltre alle due spade, l'ō-yoroi era un vero e proprio simbolo ed anima del samurai.
L'armatura, a disposizione dei Samurai era meno ingombrante e pesante di quelle dei cavalieri medioevali europei, in quanto veniva costruita con materiali in genere più leggeri, ma non per questo si può dire che svolgesse il suo compito in maniera meno efficace. La tipologia di queste armature, rifletteva in buona parte le esigenze dei Samurai, disposti a sacrificare lo spessore delle loro protezioni in favore di una maggiore capacità di movimento. Questo atteggiamento non derivava da un'eccessiva sicurezza ostentata dai guerrieri giapponesi, ma dalla constatazione che nessuna armatura costituiva una barriera impenetrabile per le frecce, le lance e le spade dei nemici.
Muoversi agilmente era quindi un elemento importante per non sacrificare la propria vita inutilmente.
Come era accaduto per altre dotazioni militari dei Samurai, anche l'armatura assunse per i soldati significati che andavano oltre il suo semplice utilizzo pratico.
Erano infatti un segno d'identificazione, d'appartenenza ad un clan.
I lacci, in cuoio o in seta, che univano le varie parti dell'armatura, venivano trattati in modo che ogni gruppo avesse i propri colori distintivi.
Questa caratterizzazione, oltre che un significato simbolico, aveva anche una notevole utilità pratica, infatti, grazie ai colori dei lacci, gli Odoshi, i Samurai evitavano di uccidere i loro stessi compagni nella confusione della battaglia. Le allacciature erano anche un segno distintivo, dato che più era fitta la loro trama in un'armatura più elevato era il grado di nobiltà di colui che la indossava.
La variopinta armatura, composta di numerosi elementi, comportava un paziente e complesso rituale di vestizione.
L'architettura era complessa, ricca di elementi protettivi, soprattutto se apparteneva ad un condottiero, mentre man mano che si scendeva verso i soldati semplici le protezioni diventavano sempre più limitate. Oltre alle allacciature, un'altro simbolo d'appartenenza e di nobiltà delle armature era il Mon o il Komon, in genere portato sull'elmo - Kabuto - e sugli stendardi per essere visto anche a grandi distanze. Era un emblema, o per meglio dire un vero e proprio marchio registrato con tanto di permesso governativo, che distingueva le varie famiglie.
In genere l'armatura includeva un elmo che proteggeva testa e collo, una corazza per il torace, ripari per le braccia e le spalle e una protezione per l'addome.
Più tardi le armature compresero anche protezioni per gambe e cosce.
Kabuto - Elmo con motivo Fiammeggiante del periodo Edo |
La corazza era realizzata con piccole piastre di ferro allacciate tra loro, così da essere al contempo resistente e flessibile, seppur non certo leggera.
Un elemento aggiuntivo il waidate, era applicato sotto il braccio sinistro per coprire l’apertura attraverso cui la corazza era indossata. Sui lati c'erano due grandi spallacci di forma quadrata (sode), mentre il grembo era protetto da quattro larghi elementi (kusazuri); il tutto realizzato con la stessa tecnica costruttiva a piccole piastre legate (hon-kozane).
L'effetto spaventoso per gli avversari, per l'imponenza delle armature, delle decorazioni volutamente impressionanti delle maschere e degli elmi, veniva amplificato da lunghi mantelli, cappe e soprabiti come, per esempio, lo Jimbaori, che trasformavano i Samurai in esseri giganteschi.
Gli stili erano tantissimi e tutti erano destinati a svolgere il loro sottile effetto psicologico: l'avversario poteva trovarsi di fronte un guerriero dalle sembianze di un demone, di un animale, di un bambino, di una donna o di un vecchio.
Curiosamente, queste temibili maschere impedivano ai guerrieri ogni movimento della bocca e delle labbra, rendendoli ancora più mostruosi. Tra le dotazioni di un Samurai, inoltre, vi era un piccolo salvagente utile per l'attraversamento dei fiumi. Bisogna infatti tenere conto che, anche se le armature giapponesi non erano estremamente pesanti, cadere in acque profonde con una corazza addosso avrebbe potuto causare l'annegamento anche di un uomo molto robusto.
Per finire con una curiosità, ricordiamo che per costruire un quadro completo delle dotazioni belliche dei Samurai, non bisogna dimenticarsi di citare le tre sacche che questi guerrieri portavano sempre con se durante le campagne militari: una sacca era destinata al trasporto del cibo; una seconda per contenere esclusivamente riso; la terza sacca serviva per contenere le teste mozzate degli avversari uccisi in guerra.
Tenendo quindi la ō-yoroi come modello, vennero introdotte delle variazioni e progettate armature per la fanteria - dōmaru e haramaki - con un kusazuri diviso in più parti e senza waidate. Queste nuove armature, più confortevoli da indossare, diventarono di uso comune anche tra l’aristocrazia militare e, a metà del periodo Muromachi (1333-1568), la ō-yoroi cadde in disuso. I produttori di armature erano tenuti in considerazione dai Giapponesi, e ora erano in grado di produrre protezioni semplici, leggere ed allo stesso tempo molto efficaci.
Ma avevano a disposizione, anche altre armi inconsuete e micidiali: per esempio, il ventaglio costruito con l’anima in metallo, o anche il bastone, usato principalmente negli allenamenti. La ō-yoroi, ottimo equipaggiamento per i cavalieri, era tuttavia troppo pesante e scomoda per un combattimento corpo a corpo. Essa dunque rimase in uso solo finché i giapponesi non dovettero per la prima volta far fronte ad un attacco esterno.
Nel 1274 - e successivamente nel 1281 - i Mongoli tentarono infatti l’invasione del Giappone, vestiti con comode armature in resistentissimo cuoio bollito; i loro eserciti erano organizzati per falangi e la cavalleria aveva un ruolo secondario.
Così i Giapponesi si trovarono a fronteggiare un tipo di combattimento al quale non erano abituati. Fu solo grazie all'arrivo di violentissime tempeste - i kamikaze, “venti divini” - che i Mongoli dovettero ritirarsi: la strategia militare giapponese si era dimostrata inefficace e fu necessario rivedere completamente ogni aspetto della tattica e dell’equipaggiamento delle forze armate.
La maggior parte delle armature conservate, pur fornendo un’idea molto chiara dell’aspetto del samurai sul campo di battaglia, sono relativamente moderne e non destinate ad essere indossate in battaglia.
È il 1543 quando la prima nave portoghese arriva in Giappone, al largo dell’isola di Tanegashima, portando la grande innovazione che già in Europa aveva rivoluzionato gli eserciti e i loro equipaggiamenti: l’archibugio, un’arma destinata a stravolgere ogni regola del combattimento tradizionale ed estremamente potente, poiché chiunque poteva in poco tempo imparare ad utilizzarla in maniera efficiente.
Il Giappone è in questo momento al culmine di uno stato di tensione tra i vari clan guerrieri e questa nuova arma giunge proprio nel periodo più idoneo perché venga immediatamente recepita.
Verso la fine del XV secolo il potere dello shōgun come autorità centrale si era notevolmente affievolito e il Giappone era in preda a una sostanziale anarchia durante la quale i singoli clan cercavano di espandere il proprio controllo sul territorio a scapito di quelli vicini.
La guerra di Ōnin (1467-1477) aveva segnato l’inizio del sengoku jidai,“l’epoca degli stati combattenti” e, in questo contesto di guerra civile, gli archibugi diventarono l’arma risolutiva.
Il samurai Inoue Nagayoshi sparare un grande moschetto calibro nella guerra di Corea |
Nel 1575 Oda Nobunaga 織田 信長 utilizzava le nuove armi da fuoco nella battaglia di Nagashino, riuscendo a massacrare velocemente l’esercito di Takeda Katsuyori, il cui padre Shingen era stato ironicamente considerato un innovatore per aver introdotto le cariche a cavallo.
È comprensibile come a questo nuovo tipo di combattimento debba obbligatoriamente conseguire una completa revisione dell’armatura.
Nasce innanzitutto l’esigenza di produrre equipaggiamenti pratici, semplici da realizzare e riparare, le cui piastre fossero resistenti alle pallottole ma non troppo pesanti.
E' l'inizio dell' armatura moderna: tosei gusoku, i cui cambiamenti coinvolgono ogni singolo elemento.
L’elmo era più resistente e pesante per sopportare i colpi degli archibugi, mentre i fukigaeshi e i sode, perdendo la loro funzione difensiva, sparirono o divennero piccoli e puramente decorativi.
Il resto fa parte della storia.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Storia del Giappone e dei Samurai da:
Storia del Giappone e dei Samurai da:
- Onore e spada. Il Giappone dei samurai di Corona Marino, 2013, Res Gestae
- “The Samurai sword” di John M. Yumoto Formato Kindle EUR 8,31
- La via del samurai di Yukio Mishima (Autore), Editore: Bompiani 2000, Collana: I grandi tascabili
- I segreti dei Samurai di Ratti-Westbrook
- Le arti del Giappone. Una storia illustrata di H.Munsterberg, tokyo, 1958
- I Samurai di Alida Alabiso (collana e-Newton il Sapere)
- Museo Stibbert. Firenze. Vol. 11: Lame giapponesi. Ediz. italiana e inglese - 2007, Polistampa
Tutti i riferimenti alla storia della spada e armi in Giappone da:
- Introduzione di vecchie spade del Giappone BC Bain, Nippon-to, J. Iron and Steel Institute of Japan (1962) p 265-282
- Storia del ferro . Ed. 3 Editore Stahleisen mbH, Dusseldorf, 1953
- Armi e armature del Giappone antico , Southern California gettone Kai. Los Angeles 1964
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