Come perfetta lama tagliente, ineguagliata nel mondo, come oggetto d'arte o talismano, la spada del samurai godeva di un'universale considerazione.
Arma tremenda se impugnata da mani arroganti o brutali, la spada poteva essere capace anche di atti benevoli, persino di dare la vita nelle mani del guerriero che praticava il bushi no nasake, la propensione del guerriero verso la clemenza e la generosità.
Arma tremenda se impugnata da mani arroganti o brutali, la spada poteva essere capace anche di atti benevoli, persino di dare la vita nelle mani del guerriero che praticava il bushi no nasake, la propensione del guerriero verso la clemenza e la generosità.
Era proprio nell'arte di maneggiare la spada che si pensava fosse più presente l'influenza dello zen,che fu fondamentale per i Samurai: tratta indifferentemente la vita e la morte e non le prende in considerazione, ciò che conta è agire d'istinto, partendo dalla conclusione a cui si è giunti, razionale o irrazionale che sia. Proveniente dall'India il buddismo zen, era stato introdotto in Cina da Bodhidharma (VI secolo) per raggiungere il Giappone un secolo dopo, si diffuse rapidamente per la sua applicazione pratica nelle arti marziali, che facevano parte della educazione del samurai così come le arti popolari: Chado (cerimonia del tè), Shodo (calligrafia), Ikebana (arrangiamento dei fiori), che permisero di realizzare la natura di Buddha.
I samurai non erano solo uomini d’arme.
La loro formazione, infatti, prevedeva un estenuante allenamento fisico e una dura preparazione psicologica e spirituale i cui fondamenti poggiavano sulle grandi scuole di pensiero orientali, come il buddismo.
Attraverso la meditazione zen (cioè secondo la tradizione del buddismo giapponese) i guerrieri dovevano acquisire la disciplina e l’autocontrollo che ne facevano formidabili guerrieri e uomini d’onore, senza cedimenti.
Il loro spirito, al pari della loro spada, doveva essere tagliente e non mostrare incertezze.
La loro formazione, infatti, prevedeva un estenuante allenamento fisico e una dura preparazione psicologica e spirituale i cui fondamenti poggiavano sulle grandi scuole di pensiero orientali, come il buddismo.
Attraverso la meditazione zen (cioè secondo la tradizione del buddismo giapponese) i guerrieri dovevano acquisire la disciplina e l’autocontrollo che ne facevano formidabili guerrieri e uomini d’onore, senza cedimenti.
Il loro spirito, al pari della loro spada, doveva essere tagliente e non mostrare incertezze.
Per comprendere il rapporto tra il samurai e religione buddista è necessario partire dal 1200 quando il Buddhismo Mahāyāna dall'India, passando per la Cina, dove assorbì elementi della filosofia Tao e Chán, giunse in Giappone e pervase tutta la cultura nipponica.
L'introduzione del Buddhismo Zen, come scuola autonoma, in Giappone ha avuto un processo piuttosto sofferto.
Tali difficoltà non si riscontrarono tanto nel trasferimento di dottrine, testi e lignaggi quanto piuttosto nel rendere autonomo lo Zen dalla scuola Tendai. Una scuola giapponese del Buddhismo Mahāyāna, fondata da Saichō, discende della scuola buddhista cinese del Sutra del Loto.
In Giappone, soprattutto la casta dei guerrieri, trovò nel ramo Zen gli elementi indispensabili al loro modo di pensare e vivere.
Tali difficoltà non si riscontrarono tanto nel trasferimento di dottrine, testi e lignaggi quanto piuttosto nel rendere autonomo lo Zen dalla scuola Tendai. Una scuola giapponese del Buddhismo Mahāyāna, fondata da Saichō, discende della scuola buddhista cinese del Sutra del Loto.
In Giappone, soprattutto la casta dei guerrieri, trovò nel ramo Zen gli elementi indispensabili al loro modo di pensare e vivere.
La sua semplicità di pensiero e azione si rivelò la più congeniale all'animo del guerriero; lo zen insegnò al samurai a credere nella propria volontà, a meditare prima e dopo le battaglie, a ricercare dentro se stessi la ragione dell'esistenza; insegnò inoltre a fare in modo che la vita spirituale diventasse un tutt'uno con quella quotidiana, ed insegnò anche come l'uomo possa integrarsi con la natura. La frugalità che i samurai avevano adottato in ogni manifestazione della propria vita, si trasforma nella semplicità dei templi zen, dove la roccia, il legno, gli alberi, sapientemente combinati, formano un ambiente naturale e rilassante.
Secondo questa dottrina, la meditazione era il mezzo per giungere ad una più profonda conoscenza di se stesso e della propria interiorità. Lo zen libero da speculazioni intellettuali, o da scritture sacre, indicava al guerriero il mezzo per raggiungere l'autodisciplina:
NIRVANA |
- Padronanza dagli stimoli che giungono ai sensi
- Padronanza del corpo, con la mente a governare le sue manifestazioni
- Controllo delle Passioni e dell'Emotività'
- Rigetto dell'io
Questo incontro fu naturale, in quanto i samurai trovarono un mezzo per migliorare le loro capacità combattive.
Non è difficile capire perché lo Zen divenne la dottrina di riferimento per i samurai: le sue tecniche risultavano di fondamentale importanza per allenate la mente,
abbandonare il ragionamento razionale e perfezionare l’auto-controllo necessario per sconfiggere la paura in battaglia e il timore della morte.
Samurai in meditazione Zen:'I DEMONI DELLA MENTE' sumi-e di Mariusz Szmerdt |
I samurai passavano il loro tempo praticando due principali attività, l'allenamento con la spada e la meditazione Zen.
Tramite la meditazione Zen il guerriero si avvicinava al Nirvana ed né otteneva concentrazione, serenità e coraggio.
Per un samurai estrarre la spada era un gesto senza ritorno. Così la meditazione avveniva soprattutto prima di un combattimento e serviva a prepararsi a ciò che sarebbe accaduto in battaglia.
Un samurai meditava sempre sulla possibilità di morire in battaglia: non affrontare queste paure e cercare di salvarsi a tutti i costi non lo avrebbero fatto combattere al meglio.
Ripeteva sempre queste parole come un tantra:
"Eterna è la mia vita come lo è la mia morte. Non temo la morte nè la vita"
ORIGINAL ART:''MEDITAZIONE PER UNA MORTE INEVITABILE'' |
Lo Zen, quindi, potenziava il coraggio, la prontezza, l’abilità, permetteva di apprezzare le attese, di qualificare i movimenti, migliorava l’equilibrio psicofisico del novizio; caratteristiche indispensabili per un buon guerriero.
Il samurai, fin da bambino, imparava a non tradire nessuna emozione e a controllare il suo spirito. Per fare ciò serviva una grande volontà di sacrificio e interminabili ore di esercizio.
Ben presto si capì che il buddismo Zen poteva essere molto di più che una religione: poteva far acquisire, grazie alle particolari pratiche, quella indifferenza per la vita che avrebbe permesso ai samurai di diventare perfette macchine da combattimento.
Sul campo di battaglia, i samurai si raccoglievano in meditazione fino a raggiungere il vuoto mentale: secondo lo Zen, infatti, il ragionamento razionale avrebbe privato il combattente della forza necessaria per arrivare alla meta, condizionandolo negativamente.
Il samurai, fin da bambino, imparava a non tradire nessuna emozione e a controllare il suo spirito. Per fare ciò serviva una grande volontà di sacrificio e interminabili ore di esercizio.
Ben presto si capì che il buddismo Zen poteva essere molto di più che una religione: poteva far acquisire, grazie alle particolari pratiche, quella indifferenza per la vita che avrebbe permesso ai samurai di diventare perfette macchine da combattimento.
Sul campo di battaglia, i samurai si raccoglievano in meditazione fino a raggiungere il vuoto mentale: secondo lo Zen, infatti, il ragionamento razionale avrebbe privato il combattente della forza necessaria per arrivare alla meta, condizionandolo negativamente.
Fu così che i templi buddisti cominciarono a ospitare i guerrieri che intendevano imparare le discipline mentali dei monaci.
I Samurai, anche quando si addestravano al tiro con l'arco si preparavano con esercizi di meditazione e concentrazione addominale, talvolta nei tempi o nelle sale dei monasteri, per affrontare il clamore della battaglia e l'attacco dei nemici.
Per coordinare ogni movimento: dal tendere l’arco, al lancio della freccia, fino a visualizzarla nel bersaglio.
Ognuno poteva sviluppare le proprie potenzialità attraverso le tecniche della concentrazione che si basavano essenzialmente su esercizi respiratori concentrati nel ventre, hara: la tecnica della respirazione addominale. I Samurai, anche quando si addestravano al tiro con l'arco si preparavano con esercizi di meditazione e concentrazione addominale, talvolta nei tempi o nelle sale dei monasteri, per affrontare il clamore della battaglia e l'attacco dei nemici.
Per coordinare ogni movimento: dal tendere l’arco, al lancio della freccia, fino a visualizzarla nel bersaglio.
La dottrina dello Zen era perfetta: non richiedeva lo studio di testi complessi e neppure una particolare istruzione. Ognuno poteva sviluppare le proprie potenzialità nascoste praticando le tecniche della concentrazione. Lo zen fece presa tra i samurai perché insegnava ad utilizzare non soltanto la mente ma tutto l'essere; non si praticava la meditazione fine a se stessa ma si vivevano tutte le azioni purché eseguite in base a principi etici. Da qui nasceva la magnanimità dei samurai verso i deboli, i vinti, o la possibilità di scrivere versi, o ritirarsi in una piccola stanza a bere del tè.
Attraverso la respirazione addominale infatti il samurai cercava di mettere in relazione la propria respirazione fisica con quella cosmica; più riusciva in questo più si integrava con l'ambiente, più sviluppava i suoi poteri intuitivi e percettivi e reagiva prontamente ai pericoli.
La condizione essenziale per il samurai con la spada sguainata era quella di munen, termine zen che significa senza pensiero e che deriva da mu: vuoto, nulla, non essere.
«Quando impugni la spada dimentica il corpo» di Yamamoto Jōchō 山本 常朝 dall'HagakureUn altro concetto esprime il significato di mu : mushin no shin, la mente dell'assenza della mente. Con questa dote il guerriero svuotava la sua mente ed era immune da ogni influenza esterna.
Questa espressione si riferisce ad una mente sempre attiva, flessibile e capace di agire senza lasciarsi impedire da ostacoli che sarebbero fatali per uno spadaccino. Occorre dunque raggiungere uno stato in cui la mente è assolutamente libera di vagare, senza soffermarsi su nulla di definito, neanche su se stessi. Mushin è lo stato di “non-mente”, che ha per fondamento il muga, cioè “non-io”. Dissolto l’io, si perde anche ogni contrapposizione fra soggetto contemplante e oggetto contemplato.
Un uomo capace di raggiungere questo stato:
«è come la luna, che sembra seguire le innumerevoli onde, ma che in realtà non si muove affatto»
«Il corpo proviene da un luogo senza forma.
Essere nel Nulla è il significato delle parole: La Forma è Vuoto»
“Essere nel Nulla” ci rimanda alla reale coincidenza delle illusorie contrapposizioni, che va compresa per arrivare ad intuire come tutto sia da ricondurre ad unità.
L’esistenza è sempre presente, come lo è la non-esistenza.
Quando è nascosta, l’esistenza è non-esistenza; quando è manifesta, è esistenza.
Concepire l’esistenza e la non-esistenza come due cose diverse, è già una sconfitta.
Uno in tutto e Tutto in uno.
La miriade di stili delle arti marziali si trova in definitiva in quest’unico passo.
Del resto, i samurai dovevano imparare a non usare la spada, ma essere la spada stessa: anche in questo caso, si realizza un’unità armonica tra l’arma e il soggetto che la usa.
KI - etimologia ideogramma |
Presupposto essenziale per il conseguimento di uno stato mentale che travalicava la semplice tecnica era il possesso di un grande e forte Ki. Simbolo della fede e delle leggi, la spada rappresentò simultaneamente il passato ed il presente, il centro del potere spirituale e politico e naturalmente la personalità dell'uomo che l'impugnava attraverso l'estensione del suo Ki.
Quindi il samurai cercava di recepire dallo zen tutto quello che poteva servirgli per migliorare le sue capacità di combattente.
Il samurai era un guerriero professionista per cui non amava parlare dell'immortalità dello spirito o di etica, ma era interessato ad apprendere ciò che lo perfezionava sia come uomo che come guerriero.
Lo zen insegnava infatti a potenziare il coraggio, la prontezza, l'abilità, l'equilibrio psico-fisico, ecco perché diventa il credo dei samurai e si esprimeva nel Bushidō, la «via del guerriero», un codice di comportamento morale che abbracciava ogni aspetto della vita del samurai. Un insieme di concetti di disciplina sia militare che morale le cui virtù erano l'onestà, il coraggio, la benevolenza, il rispetto, l'abnegazione, l'autocontrollo, il rispetto del dovere e la fedeltà.
Dal credo del samurai:
- Kizan (occasione) è il mio progetto
- Hennō (adattabilità) è il mio principio
- Kyojtsῡ (in e io) è la mia tattica
- Fudoshin (mente imperturbabile) e' il mio castello
- Mushin (vuoto mentale) è la mia spada
munen, muga: stadi mentali per abolire la discriminazione tra soggetto e oggetto, volontà ed azione, immediatezza dell'azione e spontaneità. Dopo anni di allenamento il samurai riusciva in questo e poteva essere libero di combattere dimentico di tutte le tecniche apprese, perché la spada era divenuta un prolungamenti del suo corpo. Il Fondatore, O'Sensei Morihei Ueshiba era un maestro di spada e nei suoi movimenti rifletteva anche questo tipo di spirito.
L'Aikiken di O'Sensei è uno stile di spada fluido circolare, è una Katsujinken 森 池 活 治 剣,“spada che dona la vita”.
E' necessario mantenere il controllo per non uccidere; la lama è priva di kissaki, la punta, naturalmente predisposta a bucare la pelle del prossimo, così come di tsuba, la guardia per le mani.
«Ancora oggi il Giappone di tradizione Shintō si inchina davanti alla gelida purezza dell’anima della spada. Il fuoco mistico consuma la nostra debolezza, la sacra spada taglia la catena del desiderio. La fenice della divina speranza si erge dalle nostre ceneri; dalla libertà sorge una umanità più elevata». di Okakura Kakuzō 岡倉覚三 , da ''Il libro del tè''
Credo che sia impossibile negare il contenuto altamente poetico delle parole dell scrittore Okakura Kakuzō. Poche ed intense parole che riassumono mirabilmente la funzione spirituale della “Spada che da la Vita”, Katsujinken.
O'Sensei controllava la sua spada per infliggere il minimo danno, mettendo in pratica gli insegnamenti del Buddismo Zen.
Si attacca perché un avversario ti attacca. Questo implica non tagliare l'avversario.
Il suo opposto è chiamato setsuninken, “spada che dona la morte”.
Uno spadaccino che sia soltanto spadaccino non può essere un Gentiluomo - Shi - poiché il suo cuore è arido, e la tecnica - waza - che egli mette in atto non è un’espressione dello Spirito, Shin, ossia un Raggio del Sole spirituale, bensì un movimento autonomo e cieco, dunque una nube che offusca l'anima.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
- Lo zen e l'arte della spada Autore Sôhô Takuan 2001 - Editore Mondadori (collana Oscar varia)
- Budo - Gli insegnamenti del Fondatore dell'Aikido con introduzione di Kisshomaru Ueshiba
- Onore e spada. Il Giappone dei samurai di Corona Marino, 2013, Res Gestae
- La mente del samurai. Cinque testi classici sulla spada giapponese di Christopher Hellman
- ''La Spada che dà la vita. Gli insegnamenti segreti della Casa dello Shogun'' Luni 2004
- Samurai. Una casta di guerrieri, Capponi, N. (2000), Firenze: Giunti
- Zen e arti marziali, Roshi, T. D. (1990), Rimini: Il cerchio
Alcuni estratti da:
- “The Samurai sword” di John M. Yumoto Formato Kindle EUR 8,31
- La via del samurai di Yukio Mishima (Autore), Editore: Bompiani 2000, Collana: I grandi tascabili
- Samurai, Turnbull, S. (1988), Milano: Rizzoli
Tutti i riferimenti/citazioni sull'Hagakure da:
Cenni e Riferimenti alla Storia del Giappone da:
Eventuali riferimenti e le immagini alla storia della spada e armi in Giappone da:
Tutti i riferimenti al Buddismo Zen da:
- Yukio Mishima, La Via del samurai, traduzione dall'inglese (The way of the samurai) di Pier Francesco Paolini, Bompiani, 1996. (selezioni dall'originale)
- Tsunetomo Yamamoto, Hagakure. All'ombra delle foglie, a cura di Francesca Meddi Fukushi, Edizioni Solfanelli
- Hagakure, Tsunetomo, Y. (20012), Milano: Mondadori
Cenni e Riferimenti alla Storia del Giappone da:
- Il Giappone e la sua civiltà: profilo storico, di Takeshita Toshiaki, Bologna, Clueb, 1996.
- Storia del Giappone e dei giapponesi di Robert Calvet
- Storia del Giappone di Kenneth G. Henshall 2005
Eventuali riferimenti e le immagini alla storia della spada e armi in Giappone da:
- Museo Stibbert. Firenze. Vol. 11: Lame giapponesi. Ediz. italiana e inglese - 2007, Polistampa
- Introduzione di vecchie spade del Giappone BC Bain, Nippon-to, J. Iron and Steel Institute of Japan (1962) p 265-282
- Storia del ferro . Ed. 3 Editore Stahleisen mbH, Dusseldorf, 1953
- Armi e armature del Giappone antico , Southern California gettone Kai. Los Angeles 1964
Tutti i riferimenti al Buddismo Zen da:
- La grande liberazione. Introduzione al Buddismo Zen di Suzuki Daisetsu Teitarò, con prefazione di Carl Gustav Jung
- La saggezza del buddhismo. Il sentiero dell'illuminazione di Vincenzo Noja - Sezione sui principi dell’insegnamento del Buddha. DisponibileFree come PDF
- Il buddhismo di Giorgio Renato Franci - L'autore descrive il contesto storico e sociale nel quale è nato il buddhismo antico, ne segue gli sviluppi indiani ed extraindiani, chiarisce i principi delle dottrine fondamentali e la loro influenza sulla società e sull'espressione artistica.
- Enciclopedia delle Filosofie Asiatiche (2001), New York: Routledge
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